Meningitis in your words

Andrea Lanfri's story

  • Location: Italy
  • Categories: Other bacterial meningitis and septicaemia (sepsis) type
  • Relationship: Self
  • Outcome: Recovery with after effects
  • After effects: Amputations
Andrea Lanfri
Andrea Lanfri - Meningitis in your words

Italian athlete, rock climber and adventurer, Andrea Lanfri, lost both of his legs and seven fingers after contracting meningitis. Despite this, he is incredibly positive and says that meningitis was not able to take away his will to live, happiness and fortitude, which has allowed him to transform from his experience ‘into a further push forward’. 

Translated from Italian

 

I woke up at 6 on that January 21, 2015, because I was cold, so I grabbed another blanket. At 9, when I got up, the thermometer showed 40 fever. The doctor, who arrived at my home after I had called him, gave me a painkiller and cough syrup. At the time I didn't have the symptoms of meningitis. At around 4pm, however, my temperature was 43 degrees. So I called the emergency services, they diagnosed the disease because the first necroses were appearing on the body, especially on the feet. They immediately took me to the hospital in an ambulance and from that moment I had four weeks of emptiness. I was in a coma for four weeks but when I woke up I knew I could do it and fight the disease. I was alive and that was the most important thing. 5 months of hospitalization between Florence and the S.Luca di Lucca hospital. A very painful therapy, which in the end led the doctors to amputate the legs and fingers. I couldn't wait to go home, I was sick of being in the hospital. Then the rehabilitation at home, the training, the rebirth - today standing on prostheses. 


When I woke up from the coma, in the hospital, even though the doctors hadn't yet amputated, I already knew deep down that I most likely wouldn't leave the hospital just like I entered it. After months of treatment and a stable and slightly improving physical condition, suddenly the pain in my limbs, even if sedated, was unbearable, I almost wanted to cut them off myself. One evening,  septicaemia regained control of me, at which point the doctors were forced to amputate to save my life. My reaction to waking up amazed everyone: I was not dejected or upset at all, paradoxically I did not feel that continuous pain that had kept me company for months, instead of my feet there were two large bandages, and from there this personal challenge started within me, in a gesture of "spite", of "spite" against that "bacterium", that "destiny" that wanted to stop me, and I simply thought I would react in a completely opposite way to what that "bacterium" hoped ... instead of stopping, I would go fast. I swore that one day I would go back to doing my beloved passions. It all started as a challenge, and this challenge has always sought to overcome the previous one, and without even realizing it, I have even surpassed myself, pushing myself much further than I ever imagined.  


From this hitch of mine, I didn't come out unscathed from this battle: the meningococcus took away my legs and seven of my fingers, but it didn't take away my will to live, my happiness, my incredible fortitude, which allowed me to transform this experience into a further push forward, into power. If I can provide even a little motivation for someone, that's a wonderful thing for me. You must never stop dreaming. After all, the harshest judges are ourselves. 

 

Original submission

 

Mi sono svegliato alle 6 di quel 21 gennaio del 2015, perché avevo freddo, così ho preso un’altra coperta. Alle 9, quando mi sono alzato, il termometro segnava 40 di febbre. Il medico, arrivato a casa dopo che lo avevo chiamato, mi ha dato una tachipirina e uno sciroppo per la tosse. Lì per lì non avevo i sintomi della meningite. Verso le 16, però, la temperatura era di 43 gradi. Così ho chiamato la guardia medica, hanno diagnosticato la malattia perché sul corpo, soprattutto ai piedi, comparivano le prime necrosi. Mi hanno subito portato in ospedale su un’ambulanza e da quel momento ho avuto quattro settimane di vuoto. Sono stato in coma quattro settimane  ma quando mi sono risvegliato sapevo di potercela fare e di combattere la malattia. Ero vivo e questo era la cosa più importante. 5 mesi di degenza ospedaliera fra Firenze e l’ospedale S.Luca di Lucca . Una terapia molto dolorosa, che alla fine ha portato i medici all’amputazione delle gambe e delle dita delle mani . Non vedevo l’ora di tornare a casa , non ne potevo più di stare in ospedale. Poi la riabilitazione a casa , l’allenamento , la rinascita mi racconta  oggi  in piedi sulle sue protesi. 

 

Al mio risveglio dal coma, in ospedale, anche se i medici non avevano ancora amputato, dentro di me sapevo già che molto probabilmente non sarei uscito dall’ospedale proprio come ne ero entrato. Dopo mesi di cure e di una condizione fisica stabile e in leggero miglioramento, all’improvviso il dolore ai miei arti, anche se sedato, era insopportabile, avrei quasi voluto tagliarli io. La setticemia durante una sera riprese il controllo di me, e a quel punto i medici sono stati costretti ad amputare per salvarmi la vita. La mia reazione al mio risveglio meravigliò tutti: non ero affatto abbattuto né sconvolto, paradossalmente non sentivo quel dolore continuo che per mesi mi aveva fatto compagnia, al posto dei miei piedi c’erano due grandi fasciature, e da lì dentro di me è partita questa sfida personale, in gesto di “ripicca”, di “dispetto” contro quel “batterio”, quel “destino” che voleva fermarmi, e semplicemente pensai di reagire in maniera completamente opposta rispetto a ciò che quel “batterio” sperava … invece di fermarmi, sarei andato veloce. Mi giurai che un giorno sarei tornato a fare le mie amate passioni. E’ partito tutto come una sfida, e questa sfida ha sempre cercato il superamento della precedente, e senza neanche accorgermene ho addirittura superato me stesso, spingendomi molto più in là di quello che avrei mai immaginato. 

 

Da questo mio intoppo, non nè sono uscito incolume da questa battaglia, il meningococco si è portato via le gambe e sette delle sue dita, ma non si è portato via la mia voglia di vivere, la mia allegria, la mia incredibile forza d’animo, che mi ha permesso di trasformare questa esperienza in una ulteriore spinta in avanti, in potenza.E’ per me bello poter essere anche solo in minima parte uno stimolo per qualcuno. Non bisogna mai smettere di sognare. In fondo i giudici più severi siamo noi stessi. 

Andrea Lanfri. Photo (C) Ilaria Cariello
 

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